L’obbligatorietà del tentativo di mediazione è ripartita solo da pochi mesi eppure già è possibile delineare un primo bilancio.
In verità il Sole 24 Ore ha già elogiato, in un articolo del 10 marzo ’14, quella che viene definita la mediazione 2.0
In estrema sintesi le caratteristiche della “nuova mediazione”. Il c.d. Decreto del Fare, nella speranza di proporre un modello in linea con quanto stabilito dal verdetto della Corte costituzionale di poco più di un anno fa, ha da una parte limitato il ventaglio delle cause interessate, dall’altra aperto agli avvocati, da tempo acerrimi oppositori dell’istituto. Nello stesso tempo è stato messo in campo un contenimento dei costi e dei tempi.
Il test dei mesi iniziali di applicazione aveva segnalato forti criticità, ciò nonostante i primi risultati forniti dalla Direzione Generale di Statistica del Ministero di Giustizia danno segnali positivi.
Con il ripristino dell’obbligatorietà della mediazione le procedure iscritte sono balzate, nel IV trimestre 2013, da 4.485 a 25.965.
Per il successo della procedura il nodo della presenza delle parti si è rivelato, come sempre, cruciale. La controparte è comparsa nel 32,4% dei casi e in tale percentuale è stato raggiunto un accordo nel 42,4%.
Va, però, evidenziata una differenza: si concilia di più presso gli organismi privati.
Difatti presso gli organismi privati si giunge all’accordo nel 49,5% dei casi, mentre, quando la mediazione si svolge presso gli Ordini degli Avvocati l’accordo viene raggiunto nel 29,9% dei casi.
Volendo trovare una spiegazione a tale dato riteniamo che non debba essere sottovalutato il ruolo del mediatore che si esplicita nel facilitare la comunicazione tra le parti, per condurli verso una soluzione condivisa che soddisfi i loro reali bisogni. Il mediatore non deve cercare in via diretta la soluzione, perché non vi è mai un’unica soluzione o una soluzione secondo diritto e soprattutto perché non è questo il suo compito, tale compito spetta, ovviamente, agli organi costituzionalmente preposti.
Non è facile gestire il processo di mediazione senza farsi travolgere. È compito del mediatore collocarsi in modo imparziale nel conflitto. La fiducia nel mediatore si attiva solo se lo stesso esclude il giudizio e non cade nella tensione di dover risolvere il problema.
Molto spesso l’abilità del mediatore sta nel cogliere nelle pieghe delle richieste, del non detto, i reali bisogni che animano le parti e riportarle verso una visione realistica della controversia e per fare ciò non sempre necessita di erudite conoscenze giuridiche. Conta molto di più la capacità di ascolto, la sua autorevolezza, l’empatia.
La professionalità del mediatore consiste anche nel concepire – in modo assolutamente rivoluzionario – il conflitto come risorsa da cui partire per ricostruire e riequilibrare le relazioni.
Pubblicato il 12 marzo 2014