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È al vaglio della Commissione Giustizia l’art. 84 del D. L. 69/2013 che ha reintrodotto nel nostro sistema giudiziario il tentativo obbligatorio dei mediazione.

Come era facilmente immaginabile le discussioni sono state accese e le posizioni difficili da mediare.

Nella seduta del 9 luglio ’13 è stato approvato un parere sostanzialmente positivo sull’obbligatorietà dell’istituto, ma con alcune condizioni che rischiano, se dovessero prevalere, di paralizzare il cammino della mediazione e di penalizzare in maniera devastante gli organismi di mediazione, vanificando tutti gli sforzi economici ed organizzativi sin’ora sostenuti.

Vediamo in pratica quali sono state le valutazioni emerse in Commissione.

Innanzitutto va registrato il giudizio di merito a cui si accennava: “le  misure previste dal   decreto-legge sono da  valutare  complessivamente in  maniera  positiva in  quanto,  sia pure per determinate materie, reintroducono l’obbligatorietà del  ricorso ad  uno strumento  precontenzioso diretto  a   selezionare l’accesso alla  giustizia, che  in Italia ha  assunto oramai dimensioni quantitative abnormi se confrontato con  l’esperienza di altri  Paesi”. E, da subito, si sancisce (oppure si concede?) la necessaria presenza degli avvocati, difatti “in   ragione  dell’obbligatorietà  del   ricorso  ad   uno strumento precontenzioso, appare  opportuno  prevedere che  l’attivazione e  lo  svolgimento del  procedimento di mediazione obbligatorio sono assistiti dagli   avvocati delle parti”.

È ampliato il ventaglio delle materie per cui il ricorso alla mediazione è obbligatorio:  risarcimento del   danno  derivante dalla   circolazione  di    veicoli    e natanti, nel  caso in  cui  non vi siano lesioni per le  persone; profili patrimoniali delle separazioni e divorzi, in  assenza di  figli  di  minore età; società,  associazioni in  partecipazione, associazioni riconosciute  e  non  riconosciute, rapporti  interni a fondazioni, contratti fra le imprese, proprietà industriale e intellettuale nonché contratti di  somministrazione.

Si è ritenuto, in   relazione  alla   mediazione  delegata,  di   cui   alla   lettera  c)  del comma 1  dell’articolo 84,  inopportuna   la   previsione  secondo  cui   il  giudice deve   indicare  l’organismo di   mediazione scegliendolo  in   una  amplia platea di  organismi  disponibili  e,  quindi,  compiendo una  valutazione che   esula  dal   suo   ruolo essenzialmente giurisdizionale.

Al fine di garantire una profonda diffusione della cultura  della mediazione in materia di contratti o atti di natura associativa, si è stabilito che in presenza di clausola di mediazione, l’esperimento del  procedimento di mediazione dovrebbe configurare  una  condizione di   procedibilità  ai sensi dell’articolo 5, comma 1, decreto legislativo 28/2010.

È apparso, inoltre, adeguato   ampliare  l’ambito di   applicazione  dell’esenzione dall’imposta di  registro prevedendo un  incremento dell’importo del  verbale ai fini  dell’esenzione, portandolo  dagli  attuali 50.000 euro  fino   a  100.000 euro.

Insomma sembrerebbe proprio che la Commissione Giustizia creda fermamente che la mediazione sia un istituto da incentivare, eppure con qualche “parva” condizione si annulla, o meglio, si distrugge l’istituto della mediazione.

Difatti si afferma che: “potrebbe essere opportuno prevedere che  la  disposizione relativa alla mediazione obbligatoria abbia la  durata di tre anni dall’entrata in  vigore della stessa e che  al  termine dei  tre anni si attivi su  iniziativa del  Ministero della Giustizia il monitoraggio degli   esiti   di  tale sperimentazione”, come se soli tre anni fossero sufficienti per indurre un cambiamento culturale che può definirsi di dimensioni epiche!

D’altro canto non si tiene conto che gli istituti funzionano nel tempo, con la pratica come ebbe già dire a proposito della mediazione l’allora ministro Severino in occasione della sentenza della Consulta.

Ed ancora, come se non bastasse, si afferma che “appare  in   contrasto  con la  natura  obbligatoria dell’istituto la  previsione del  pagamento di  una indennità di mediazione,  di  cui   alla   lettera p),  capo- verso 5-bis, del  comma 1  dell’articolo  84, nel    caso  di    fallimento   dell’esperimento della mediazione, assumendo tale previsione una  valenza punitiva”. E perché no valutare se “è  opportuno, al  fine   di  promuovere l’istituto della mediazione, che il tentativo obbligatorio di mediazione, per un   periodo limitato (es.  sei mesi), possa essere reso del  tutto gratuito”.

Se a tutto ciò si aggiunge la previsione del gratuito patrocinio, sembra proprio che gli organismi di mediazione siano del tutto equiparati ad enti di pubblici, oppure si è voluto infliggere il colpo di grazia agli organismi privati.

Se però si pone maggiore attenzione sulle considerazioni di partenza della Commissione, ovvero che lo  stato  della giustizia civile   costituisce, senza dubbio, uno dei  fattori  esogeni   di  svantaggio competitivo per  la  società italiana, considerato che  l’Italia si colloca al 158°  posto nel  mondo nell’indice di   efficienza  di   recupero  del   credito  a causa  dei    tempi  lunghi  e  che   è  in costante aumento il  numero di  condanne riportate   dallo  Stato  italiano  per  violazione del  termine della ragionevole durata dei  processi; che la  materia  della giustizia è  oramai stabilmente inserita in  iniziative legislative governative di  contenuto multisettoriale volte ad affrontare complessivamente l’obiettivo  di   assicurare  competitività al- l’economia italiana, si potrebbe auspicare che, in fase di conversione, non siano presi in considerazione quelle condizioni il cui unico effetto sarebbe quello di distruggere la mediazione.

Pubblicato, il 12 luglio 2013.