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Qualche giorno fa, dai trascorsi della Ministra Cancellieri, avevamo notato le grandi doti organizzative che, unite alla sua elevata competenza, potevano garantire al comparto della giustizia il necessario, indispensabile rinnovamento.

Alla luce di quanto accaduto nella audizione di ieri al Senato possiamo affermare che avevamo visto giusto.

Finalmente un discorso che presuppone davvero delle riforme, nel quale si chiede la rinuncia ad ogni pregiudizio ideologico per incamminarsi verso una riforma della giustizia che le lungaggini processuali, la ricerca esasperata di cavilli hanno completamente destrutturato e indebolito, facendola percepire come il peggiore dei malanni invece che come il ripristino di una equità fondamentale per una civile convivenza.

Non è passato inosservato il richiamo alla classe politica che “…con grande senso di responsabilità deve rimettere al centro il cittadino…” che finora ha rappresentato la maggioranza silenziosa in un Paese dove chi urla ha buone possibilità di affermare le proprie ragioni. Finalmente un’autorevole rappresentante delle istituzioni tiene conto delle esigenze dei silenti (e paganti) 60 milioni e non cede a quelle (di cassa) dei rumorosi 200 mila, che non disdegnano nemmeno di sedere a due tavoli, su uno, magari sotto mentite spoglie, per cogliere l’opportunità e sul secondo, per interessi di casta, a combattere l’innovazione, consapevoli che il solo osteggiare può far perdere un’opportunità, a prescindere dalle convinzioni e mostrando un’inedita tendenza alle evoluzioni.

La strategia è chiara. L’enorme carico di arretrato, complessivamente quasi 5 milioni di procedimenti, che affolla e affossa i tribunali, deve essere smaltito secondo un piano preciso e personalizzato, evitando stralci: “…ciascun Tribunale deve dotarsi del programma di smaltimento dell’arretrato, da coordinarsi con la riorganizzazione degli uffici giudiziari” evitando di “…procedere alla creazione di vere e proprie sezioni stralcio alle quali attribuire la competenza esclusiva in ordine all’arretrato. Sarebbe auspicabile piuttosto prevedere una rimodulazione organizzativa delle sezioni oggi esistenti, avvalendosi delle categorie professionali maggiormente qualificate…”.

Ma con tutti i problemi della giustizia, lenta come non mai, con gli ingenti danni anche economici a cui le lungaggini ci condannano, come si può fare a meno della mediazione, cosi vituperata ma con dei numeri di tutto rispetto, nonostante la crociata della classe forense? La metà di quelle “partecipate” si è risolta positivamente dimostrando la buona applicazione dell’istituto, fino a diventare modello di buone pratiche in Europa, in un momento dove l’Italia è almeno sotto i riflettori per aver disatteso diverse direttive. L’europarlamentare Erminia Mazzoni, in seduta parlamentare, ha sfoggiato i numeri italiani, raccogliendo il plauso di tutti gli altri rappresentanti.

Ed ecco che il “caterpillar” Cancellieri interviene decisa sul tema indicando che “…Un’ulteriore linea di azione, che mi sembra importante percorrere nell’ottica di una deflazione dei carichi giudiziari, attiene alla revisione della normativa sulla mediazione obbligatoria, tenendo conto dell’orientamento espresso dalla Corte Costituzionale, ed in esito ad un’ ampia e condivisa valutazione con tutti i principali operatori del settore.
Lo strumento della mediazione – come dimostrano esperienze europee in sistemi giudiziari simili al nostro e come ha dimostrato anche la sia pur breve sperimentazione attuata nel nostro Paese nelle forme della obbligatorietà – si è rivelato di grande efficacia sotto il profilo dell’abbattimento del contenzioso civile, con un positivo effetto anche sul piano della composizione dei conflitti tra le parti, per circa la metà dei quali è stato raggiunto l’ accordo.
È uno strumento che evidentemente necessita di una metabolizzazione sul piano culturale; quindi, quanto più si riuscirà a sensibilizzare l’opinione pubblica sui positivi risultati indotti dall’adesione a tale meccanismo, tanto più ne trarrà giovamento la macchina dell’Amministrazione della giustizia civile…”

Dobbiamo solo augurarci che, visti i risultati ottenuti in condizioni di difficoltà,  si spinga sull’acceleratore sia per i tempi di intervento del provvedimento sia per le materie che saranno coinvolte, certi che, dopo uno o due lustri, si possa ricorrere volontariamente alla mediazione perché saranno chiari e soprattutto diffusi i benefici enormi che ricadono sui cittadini e sugli stessi operatori di giustizia, che potranno, professionalmente e autorevolmente, coltivare un’altra fonte di reddito, conseguibile in modo più semplice e immediato, con una pratica più “orientata al cittadino”.

 

Intervista completa al link: http://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_6_9.wp?previsiousPage=mg_6_9&contentId=NOL918909

 

Pubblicato il 21 maggio 2013 ore 10.00