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Le opportunità offerte dalla mediazione civile alla soluzione di controversie aventi ad oggetto la responsabilità medica sono  notevoli.

Consapevole di ciò il legislatore, con l’ultima riforma, ha aggiunto alla responsabilità da colpa medica quella sanitaria.  Il rispetto della privacy e la dovuta riservatezza che la materia impone, nonché la brevità (90 gg.) della procedura, rendono la mediazione lo strumento più idoneo per risolvere questo tipo di controversie.

In realtà, sinora le Compagnie Assicurative hanno disertato i tavoli di mediazione, eppure, proprio quelle specializzate nell’assicurazione della Medical Malpractice, hanno interesse a deflazionare il carico delle controversie relative a richieste di risarcimenti danni da colpa medica, ottenendo in tal modo due vantaggi: la diminuzione delle spese legali per la gestione giudiziale di tali controversie, normalmente lunghe e complesse e l’aumento della c.d. velocità di liquidazione di questa tipologia di danni.

Auspicando, quindi, una maggiore partecipazione alle mediazioni in materia di risarcimento danno da colpa medica o sanitaria, è utile chiarire alcuni punti in tema di competenza territoriale in materia sanitaria, divenuti quanto mai attuali a seguito dell’introduzione del principio di competenza territoriale degli organismi di mediazione ad opera della recente legge di conversione 98/2013.

In pratica dal 20 settembre 2013 la domanda di mediazione va presentata all’organismo che ha sede nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia, pertanto è opportuno ricordare alcuni principi espressi da consolidata giurisprudenza per l’individuazione del giudice competente quando è coinvolta una struttura sanitaria.

Premesso che il rapporto tra le strutture sanitarie e i pazienti è da tempo considerato di natura contrattuale (Cass. sez. un. 577/08), il problema che è stato posto è se il malato possa citare l’ospedale davanti al tribunale del luogo dove risiede, in applicazione dell’art. 33, comma 2 del decreto legislativo n. 206 del 6 settembre 2005 (c.d. codice del consumo),  o se debba invece adire quello nella cui circoscrizione si trova l’azienda sanitaria.

Rispetto a tale quesito occorre distinguere due ipotesi:

  • Struttura sanitaria pubblica
  • Struttura sanitaria privata.

Relativamente alla prima ipotesi, la Corte di Cassazione con ordinanza n. 8093 del 02/04/2009 ha statuito che quando la struttura sanitaria è pubblica ovvero convenzionata con il Servizio Sanitario Nazionale, è competente il tribunale nella cui circoscrizione si trova la sede della struttura. Secondo l’opinione della Suprema Corte, in questo caso, al paziente non può essere attribuita la qualifica di “consumatore”; né la struttura sanitaria può essere considerata un “professionista”. I servizi offerti dalle strutture sanitarie pubbliche vengono erogati “attraverso una organizzazione imperniata sul principio di territorialità, cioè nel senso che vi sono tante articolazioni della complessiva organizzazione preposte ognuna ad un certo territorio. La fruizione del servizio, invece, non è, però, necessariamente collegata alla residenza dell’utente se non in via tendenziale, essendovi … la possibilità di beneficiare del servizio … in una qualsiasi articolazione dell’organizzazione”. Ne consegue che l’utente, quando si rivolge ad un ospedale situato al di fuori del proprio comune di residenza, si pone “in una posizione che non è apparentabile a quella del consumatore”: soprattutto perché la decisione di farsi curare lontano dal proprio domicilio è frutto di una sua “libera scelta”. Secondo la Corte è quindi “pienamente ragionevole che la vicenda del contenzioso che nasce dall’erogazione del servizio non sia soggetta al foro del consumatore”. A eguale conclusione la Corte giunge anche per le strutture convenzionate. Se è infatti vero che la casa di cura convenzionata “si presenta come un’azienda diretta a perseguire un utile”, tale utile viene in rilievo solo quando “essa stipula la convenzione con gli organismi di diritto pubblico … mentre, una volta instaurata la convenzione, la fornitura del servizio all’utente avviene con modalità del tutto identiche a quelle seguite dalla struttura pubblica”.

Viceversa quando il costo della prestazione è a carico del paziente si applica il principio del foro del consumatore, ossia sarà competente a conoscere la causa il  giudice del luogo in cui il consumatore –  nel nostro caso il paziente – ha la residenza o il domicilio elettivo.

Pubblicato il 2 ottobre 2013