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Questo il testo del comunicato dell’OUA dello scorso 8 novembre ’12.

GIUSTIZIA, OUA: NECESSARIO TROVARE VALIDE ALTERNATIVE ALL’OBBLIGATORIETÀ DELLA MEDIACONCILIAZIONE. IN PARLAMENTO NON SI POSSONO TRADIRE LE DECISIONI DELLA CORTE COSTITUZIONALE ED ELUDERE LE DIRETTIVE EUROPEE

POSITIVA LE DECISIONE DI CONSIDERARE INAMMISSIBILI GLI EMENDAMENTI SULLA MATERIA PRESENTATI ALLA LEGGE DI STABILITÀ

MAURIZIO DE TILLA, OUA: “NELLA MEDIACONCILIAZIONE SONO PRESENTI ANCHE ALTRI PROFILI DI ILLEGITTIMITÀ, OLTRE ALL’ECCESSO DI DELEGA: È COSTOSA E OBBLIGATORIA, INCIDE NEGATIVAMENTE SULLA SUCCESSIVA CAUSA,LA DUBBIA QUALITÀ DEI MEDIATORI, LA DISCUSSA INDIPENDENZA E IL POSSIBILE CONFLITTO DI INTERESSI DELLE CAMERE DI CONCILIAZIONE PRIVATE. NON MANCHEREMO DI EVIDENZIARLI SE SI FANNO COLPI DI MANO CON NUOVI PROVVEDIMENTI IN PARLAMENTO. VALUTIAMO POSITIVAMENTE CHE INTANTO SIANO STATI CONSIDERATI INAMMISSIBILI QUEGLI EMENDAMENTI PRESENTATI ALLA LEGGE DI STABILITÀ, OLTRETUTTO SENZA ATTENDERE LE MOTIVAZIONI DELLA DECISIONE DELLA CONSULTA”

LE NOSTRE OSSERVAZIONI:

Trovare valide alternative alla obbligatorietà della mediazione non  significa certo trovare alternative alla mediazione.

Non è possibile emettere sentenze, che, peraltro non si ha il potere di emettere, sull’onda di un comunicato che non può neanche qualificarsi dispositivo di una sentenza.

E’ assolutamente necessario attendere le motivazioni della Corte senza fare opera di demonizzazione di un istituto verso le persone.

Da quanto appare, infatti, non viene bocciata la mediazione come istituto ma viene indicata l’esistenza di un eccesso di delega con riguardo alla forma obbligatoria di mediazione; questo è tutto.

Dunque è inutile stigmatizzare la presentazione di emendamenti alla legge di stabilità se poi il comunicato dell’OUA, laconico e privo di ogni argomentazione giuridica, cade nello stesso errore contestato ovvero di non attendere queste tanto desiderate motivazioni.

L’istituto della mediazione, storicamente viene da lontano (se facciamo riferimento all’esperienza occidentale dobbiamo tornare all’impero romano), e quel che gli avvocati oggi dimenticano e che proprio secondo i loro racconti viene da loro praticato negli studi da tempo immemorabile; perciò  quando ci si preoccupa dell’avanzare di una giustizia privata ci si dovrebbe anzitutto preoccupare del lavoro in tutto questo tempo negli studi legali.

Detto in altri termini non è utile e non è fruttuoso ragionare con malizia, poiché a voler essere oggettivi gli avvocati dovrebbero partire da se stessi visto che anche loro lavorano per guadagnare.

Quindi o si ritiene che il sistema sia marcio fino all’osso, partendo ovviamente dal sistema esistente e si ritiene che un sistema marcio abbia potuto produrre solo un frutto già marcio, o si ritiene che il sistema attuale non sia marcio ed allora ha prodotto un istituto, peraltro già testato con esito positivo in altre realtà sociali, e che al più vada tarato sul sistema italiano. 

Inoltre si dimentica che il parametro primo per la valutazione di conformità costituzionale di una prescrizione normativa è la ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost.  ovvero la adeguatezza e la congruenza della norma al fine perseguito dal legislatore. La ragionevolezza costituisce un limite generale della legislazione e dimostra appunto la centralità della Carta Costituzionale come suprema fonte del diritto.

Ed allora se il fine del legislatore è dichiaratamente, tra gli altri, la deflazione del contenzioso civile, anche la previsione di una sanzione alla parte processuale che non abbia voluto sentire ragioni, davanti alla prospettazione di una soluzione in mediazione, che guarda caso è la stessa soluzione che il giudice,sulla base dell’istruzione probatoria,  ha adottato in sentenza, appare ragionevole:  laddove un risultato poteva essere raggiunto attraverso una mediazione, evitando un processo che costa allo Stato, oltre che al cittadino, in termini di strutture, soldi e tempo, è ragionevole far gravare sulla parte responsabile questa mancanza di collaborazione ovvero di buona fede che alla stregua di un altro fondamentale principio dei rapporti civili altro non è che la solidarietà ex art. 2 Cost.

 

La indipendenza degli organismi di mediazione, così semplicisticamente e maliziosamente negata si costruisce con la fissazione di regole oggettive.

Il mediatore non è un dipendente dell’organismo; è iscritto presso l’organismo come professionista e verrà selezioneto in relazione all’oggetto della mediazione richiesta.

 

Inoltre il monitoraggio continuo del Ministero della giustizia, che è organo imparziale per definizione, sul funzionamento degli organismi ben può essere considerato garanzia appunto di indipendenza e di imparzialità.

 

La formazione dei mediatori, che certamente è il fulcro per il funzionamento dell’istituto, va salvaguardata con particolare cura: maggiore è il numero dei professionisti che possono accedere a questo nuovo profilo, maggiori e più rigorosi devono essere la prima formazione ed il successivo aggiornamento.

Anzi va prediletta la specializzazione per materia.

Tale specializzazione in diritto, che appare agli avvocati l’unico criterio di riferimento per autodefinirsi buoni mediatori, segue e non precede una scrupolosa formazione sul metodo relazionale e sulle tecniche di comunicazione e quindi di mediazione; perché la mediazione è anzitutto comunicazione dialogo e confronto paritario dei bisogni delle persone in conflitto.

Se gli avvocati non comprendono questo passaggio non potranno mai apprezzare questo nuovo istituto.   

Ovvio che se il livello dei criteri attualmente adottati non piace perché può risultare carente basta cambiarli, ma per il cambiamento non basta la sterile contestazione; essa nasconde sempre la difesa di posizioni acquisite, al contrario chi vuole il cambiamento deve produrre proposte serie e chiare.