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La giustizia è una delle “tematiche cruciali” su cui il prossimo Parlamento dovrà impegnarsi in “sforzi convergenti” e “contributi responsabili alla ricerca di intese”. Questo l’augurio espresso dal Primo presidente della Cassazione Ernesto Lupo nella relazione sull’amministrazione della giustizia nell’anno 2012. Sulla giustizia, dice Lupo, “saranno necessari nel nuovo Parlamento sforzi convergenti, contributi responsabili alla ricerca di intese, come in tutti i paesi democratici quando si tratti di ridefinire regole e assetti istituzionali”.

Giudizio positivo sulla mediazione nelle parole del Primo Presidente: “Nelle precedenti relazioni sull’amministrazione della giustizia, pur esprimendosi qualche riserva in ordine alla disciplina specificamente dettata dal decreto legislativo, in particolare con riguardo alla genericità dell’indicazione delle categorie di controversie assoggettate all’obbligo di mediazione, si era formulato un giudizio complessivamente positivo in ordine all’istituto in esame, evidenziandosi l’idoneità dello stesso a favorire una riduzione della durata dei processi civili attraverso la rimozione della principale causa di tale fenomeno, comunemente individuata nell’incapacità del nostro sistema giudiziario di far fronte ad una domanda di giustizia in costante crescita.”

Si coglie rammarico nelle parole del dr. Lupo circa la brevità di applicazione dell’obbligatorietà della mediazione, che ben altre perfomance avrebbe potuto assicurare: “La brevità del periodo in cui la normativa ha avuto applicazione nel suo testo originario non ha consentito di verificare appieno la fondatezza di tali auspici, soprattutto con riguardo alle controversie in materia di condominio e risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti, per le quali l’obbligo della mediazione è entrato in vigore soltanto il 20 marzo 2012 (a differenza delle controversie in materia di diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, per le quali ha trovato applicazione dal 21 marzo 2011). Ciò che può dirsi, peraltro, sulla base dei dati statistici forniti dal Ministero della giustizia (DGStat), è che il procedimento in questione ha avuto ampia applicazione non solo nelle controversie, come quelle in materia di diritti reali (19,3% dei casi), locazione (12,7% dei casi), divisione (5,6% dei casi), successioni ereditarie (3,3% dei casi), in cui il raggiungimento di un accordo tra le parti è agevolato dalla natura personale dei rapporti intercorrenti tra le parti e dal carattere non seriale degli interessi coinvolti, ma anche nelle controversie che, come quelle in materia di contratti bancari (9,1% dei casi) e assicurativi (8,3% dei casi), investono prevalentemente rapporti di massa.”

Rammarico è stato espresso anche per la scarsa adesione delle controparti ai tentativi di mediazione, un giudizio severo è stato espresso soprattutto nei confronti delle compagnie assicurative che il più delle volte hanno disertato gli incontri: “L’efficacia deflativa dell’istituto trova poi conferma nella costatazione che, là dove le parti vi hanno fatto ricorso, esso si è rivelato realmente capace di favorire una soluzione conciliativa della controversia, avendo condotto ad una definizione concordata nel 46,4% dei casi in cui entrambe le parti sono comparse78. Positivo sarebbe potuto risultare il giudizio anche in ordine al livello di adesione delle parti alla procedura, in costante incremento (dal 26% al 35,7%) dall’entrata in vigore del decreto legislativo fino al momento in cui l’obbligo della mediazione è divenuto applicabile anche alle controversie in materia di risarcimento dei danni derivanti da circolazione dei veicoli e natanti, se su tale dato non avesse pesato in misura determinante l’atteggiamento di sfiducia, se non addirittura di preconcetta opposizione, manifestato dalle compagnie di assicurazione, le quali si sono astenute sistematicamente dal comparire dinanzi ai mediatori.”

 

Eppure il giudizio complessivo sulla mediazione è entusiasmante:  “Questi rilievi, unitamente alla considerazione che nel 16% dei casi le parti hanno scelto di percorrere la strada della mediazione senza esservi costrette da alcuna disposizione di legge, dovrebbero indurre a meditare approfonditamente sulla convenienza di abbandonare al proprio destino un istituto la cui disciplina, opportunamente rimodulata alla  luce della pronuncia d’illegittimità costituzionale, potrebbe contribuire a fornire una risposta tempestiva ed efficace alle esigenze di tutela nei rapporti tra privati…non può non osservarsi che la scelta di favorire l’utilizzazione di strumenti di risoluzione delle controversie alternativi alla giurisdizione risponde ad esigenze di deflazione del contenzioso e di miglioramento dell’accesso alla giustizia fatte proprie anche dagli organi dell’Unione europea. Significativa, al riguardo, è la circostanza che, nel rilevare il difetto di delega, la Corte costituzionale abbia avvertito la necessità di sottolineare il legame dell’art. 60 della legge n. 69 del 2009 e del d.lgs. n. 28 del 2010 con i seguenti atti comunitari: a) la risoluzione del Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999, avente ad oggetto la creazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia nell’Unione europea; b) la direttiva 2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio 2008, nella quale si afferma esplicitamente che la mediazione «può fornire una risoluzione extragiudiziale conveniente e rapida delle controversie in materia civile e commerciale», aggiungendosi che «gli accordi risultanti dalla mediazione hanno maggiori probabilità di essere rispettati volontariamente e preservano più facilmente una relazione amichevole e sostenibile tra le parti»; c) la risoluzione del Parlamento europeo del 25 ottobre 2011, sui metodi alternativi di soluzione delle controversie in materia civile, commerciale e familiare, nella quale, pur escludendosi l’imposizione generalizzata di un sistema obbligatorio di ADR a livello di UE, si prevede la possibilità di valutare un meccanismo obbligatorio per la presentazione dei reclami delle parti al fine di esaminare la possibilità di ADR; d) la risoluzione del Parlamento europeo del 13 settembre 2011, nella quale, passandosi in rassegna le modalità con cui alcuni Stati membri hanno proceduto all’attuazione della direttiva sulla mediazione, si osserva che «nel sistema giuridico italiano la mediazione obbligatoria sembra raggiungere l’obiettivo di diminuire la congestione nei tribunali». E’ pur vero che dai predetti atti non si desume alcuna opzione esplicita o implicita a favore del carattere obbligatorio della mediazione, in quanto il legislatore comunitario si è preoccupato soltanto di disciplinare le modalità secondo le quali il procedimento può essere strutturato, senza imporre né consigliare l’adozione del modello obbligatorio, ma limitandosi a stabilire che resta impregiudicata la legislazione che rende obbligatorio il ricorso alla mediazione (cfr. art. 5, comma 2, della direttiva 2008/52/CE). Peraltro, come ha rilevato lo stesso Giudice delle leggi, la Corte di giustizia UE, nella sentenza 18 marzo 2012, in causa C-317/08 ha riconosciuto, sia pure come obiter dictum e in riferimento a specifiche fattispecie, quantitativamente limitate e con una struttura peculiare, l’inesistenza di «un’alternativa meno vincolante alla predisposizione di una procedura obbligatoria, perché l’introduzione di una procedura extragiudiziale meramente facoltativa non costituirebbe uno strumento altrettanto efficace per la realizzazione degli obiettivi perseguiti».”

Il Presidente Lupo invita il prossimo Parlamento a porre nella propria agenda la mediazione per non disperdere i risultati sin’ora ottenuti e per vincere le resistenze culturali che questo nobile istituto è costretto ad affrontare. Inoltre invita tutti i soggetti coinvolti a cooperare, in primis gli avvocati che devono a recuperare «la vocazione alla conciliazione delle parti in conflitto, che il nostro ordinamento assegna loro e i giudici che devono maggiormente far ricorso alla c.d. mediazione delegata: “La fine anticipata della legislatura ha impedito l’esame di proposte di modificazione della disciplina della mediazione, idonee a vincere le resistenze culturali nei confronti di modalità innovative di gestione dei conflitti civili, attraverso l’imposizione quanto meno iniziale dell’obbligatorietà del tentativo di conciliazione in alcune materie, magari temperata dalla previsione di una procedura meno gravosa nelle liti in cui esso ha minori chances di successo: mi riferisco, in particolare, alla proposta di rendere obbligatorio non il tentativo di conciliazione, ma solo quello di un incontro preliminare con il mediatore, al fine di valutare in concreto l’opportunità di procedere al tentativo, ovvero di porvi termine in quella sede, con costi e tempi decisamente inferiori.

Nell’attesa che il nuovo Parlamento prenda in esame proposte simili ed altre volte a favorire il ricorso alla mediazione, non può che ribadirsi quanto già affermato nelle relazioni sull’amministrazione della giustizia degli scorsi anni, e cioè che il successo d’interventi legislativi volti ad apprestare e promuovere l’utilizzazione di strumenti alternativi di risoluzione delle controversie esige un forte coinvolgimento di tutti i potenziali attori del processo, e quindi non solo delle parti, cui si richiede «una salda fiducia nella possibilità di trovare un accomodamento dinanzi al mediatore», ma anche della classe forense, chiamata a recuperare «la vocazione alla conciliazione delle parti in conflitto, che il nostro ordinamento assegna all’avvocato come fisiologico ruolo funzionale alla piena realizzazione della tutela dei diritti». Neppure va sottovalutata l’importanza dell’iniziativa del giudice, la cui facoltà di invitare le parti a tentare la mediazione, finora sottoutilizzata (2,8% dei casi), potrebbe contribuire a promuoverne la diffusione, soprattutto se accompagnata da un adeguato monitoraggio degli esiti di tale invito.”

La mediazione è uno strumento vincente e i fatti lo dimostrano, afferma il Primo Presidente: La praticabilità di questi interventi è testimoniata dagli stessi dati statistici relativi al breve periodo di applicazione del decreto legislativo, dai quali risultano, oltre alla già menzionata disponibilità delle parti ad avvalersi della mediazione al di fuori delle ipotesi espressamente previste dalla legge, l’ampio ricorso dei contendenti all’assistenza legale (della quale si sono avvalsi l’84% dei proponenti e l’85% degli aderenti), che non ha rappresentato un ostacolo al conseguimento dei risultati positivi già segnalati (raggiungimento dell’accordo nel 46% dei casi), nonché i vantaggi derivanti dalla mediazione in termini di risparmio di tempo, o quanto meno l’inesistenza di svantaggi in termini di dilatazione dei tempi processuali (dal momento che la durata dei procedimenti non è risultata superiore ai 77 giorni, rispetto ad una durata del processo di primo grado che si aggira mediamente sui 1.066 giorni).”

Pubblicato il 25 gennaio 2013